giovedì 15 novembre 2012

E tre: da Trujillo a Lima

Panamericana, "noia allo stato puro!" (foto William)
Il 4 novembre, appena il gallo ha finito di scassare i cosiddetti, la spedizione riparte da Trujillo alla volta di Lima, capitale del Perù, megalopoli che dal 1535, anno della sua fondazione, continua a crescere a dismisura.
Oggi la città supera gli 8 milioni di anime, quasi tutte immigrate da ogni parte del pianeta, rendendola una città meticcia per eccellenza, ricca di cultura e di musei

Lima è inoltre una sorgente inestinguibile di cultura, esempio ne è l'esistenza di una gran quantità e varietà di musei come il Museo Nazionale di Archeologia, Antropologia e Storia e il Museo Archeologico Rafaél Larco Herrera che custodiscono tesori incaici e pre incaici di inestimabile valore. Per arrivare a Lima bisogna percorrere 560 km di Panamericana, il che equivale a uno scenario desertico che sostanzialmente non cambia per tutto il viaggio, che ha come

L'oceano Pacifico. Un compagno di viaggio fedele
Al nostro arrivo abbiamo un appuntamento con padre Paci, diminutivo con cui il vescovo della città, missionario rimasto fedele alla sua missione di pastore e ordinato col nome di "Pacifico", preferisce farsi ancora chiamare dal suo gregge, senza troppi formalismi. Paci è uomo di Dolomite, partito dal Trentino Alto Adige una vita fa, con le missioni Francescane della sua terra: ci aspetta nei pressi dell'aeroporto e subito dopo ci accompagna all'istituto Giovanni XXIII, dove lui vive da sempre la propria missione americana e dove noi ci fermeremo per due notti. 

L'arrivo all'istituto Giovanni XXIII
Dopo averci atteso in zona aereoporto ci accompagna presso l'Istituto Giovanni XXIII dove lui risiede e ci ospiterà per due notti, con le mukke impastoiate in bella vista. Il fido autista e il vescovo ci portano insieme a loro a mangiare cinese in un ristorante di prim'ordine, assai conosciuto in tutta Lima: il rapporto con questi immigrati è fortissimo, perché molti di loro hanno scelto l'istituto per educare i propri figli. La cena è abbondante e ottima ed è proprio quello che ci serviva per chiudere al meglio una giornata fantastica. L'indomani dovremo visitare l'istituto e consegnare l'importo raccolto a favore del  progetto ManchayVerde...

La periferia di Lima
Alle 8 e mezzo del mattino (siamo al 6 novembre), una volta tanto dormiamo un'oretta in più, scendiamo puntuali in cortile, dove troviamo padre Paci prontissimo a scortarci in visita fino a Manchay, un sobborgo della capitale dove i missionari stanno sviluppando il progetto che anche noi abbiamo sostenuto con la raccolta. Ma a scortarci non ci sarà solo il vescovo: appena fuori del cancello ci sono due poliziotte motocicliste che assomigliano più a due amazzoni per via dei lunghi stivali in cuoio e per il casco non troppo protettivo che indossano. 

La collega della Policia Nacional Trafico
Durante il percorso,  passiamo a fare un salutino anche davanti alla casa del cardinale di Lima: il presule che saluta e ci benedice (la sua benedizione, dice, vale sino a 150 kmh): anche questo Uomo di Dio non è una persona qualunque. E' un uomo brillante, con un passato da atleta della nazionale  di basket e per ricordarcelo sale con un balzo in groppa a una delle nostre mukke, quella color amarillo, tonalità che sembra andare per la maggiore da queste parti.

Il cardinale di Lima in gopp'alla mukka di Pierluigi
Ma noi non stiamo più nella pelle. Vogliamo arrivare al più presto dai bambini della missione e consegnare loro l'assegno che ci portiamo dietro fin dalla partenza.
Giunti all'istituto Giovanni Paolo II, l'accoglienza che ci viene riservata ci fa venire la pelle d'oca: una miriade di ragazzi e ragazze schierati nel cortile sventola bandiere italiane, mentre una parte di loro veste abiti tradizionali e suona strumenti tipici andini. 

L'arrivo all'istituto Giovanni Paolo II: brividi.
La vista delle nostre moto infonde una curiosità e un'allegria pazzesche, che vengono tenute a freno dai docenti, ma una volta finita la parte formale veniamo presi letteralmente d'assalto. E' una situazione che non abbiamo mai vissuto prima e alla fine piangiamo tutti come bambini. Siamo in mezzo a loro e si tratta di una cosa..., insomma... contagiosa.

La consegna dell'assegno. Siamo gli eroi di centinaia di bambini...

L'assalto dei bambini alle mukke...
Poco prima di essere sepolti da abbracci, carezze e baci, un bambino di 8 anni ci aveva ringraziato a nome di tutti, parlando in italiano al microfono e usando per noi parole semplici, ma toccanti e quando l'immenso tributo che ci viene riservato finisce, quando tutti i bambini sono di nuovo in classe, ci spostiamo sulla collina sopra la scuola dove si sta sviluppando il progetto ManchayVerde.org, che prevede la coltivazione di  alberi dove ora c'è un deserto, sfruttando le  acque reflue. Dopo averci spiegato il processo ci permettono di piantare un albero a ciascuno di noi, che poi porterà il nostro nome...
Credete che possa esserci qualcosa di più bello dell'avere un albero col nostro nome al posto di un pezzo di deserto?

I nostri alberi, un giorno, renderanno meno deserta questa collina
Il viaggio, intanto, continua...



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